Vittorio Zucconi
Buon 2005, Mister Bush

La madre di un soldato scrive al Presidente.
«Lasci che le spieghi cos'è un duro lavoro»

La Repubblica. 8 gennaio 2005


Nella nuova crociata per difendere le nostre tradizioni minacciate da... (inserire qui la propria minaccia preferita alle nostre tradizioni, che può variare dall'Islam ai reality show, dal sushi al matrimonio fra gay, dall'immigrazione clandestina alla vita troppo bassa dei calzoni e delle gonne), è arrivato il momento di rivitalizzare un altro elemento fondamentale della nostra civilizzazione, ormai caduto in disuso. La letterina di Natale. Quella missiva scritta a mano con calligrafia infantile e con assoluta sincerità, che fino a non molti anni or sono noi figli e figlie mettevamo sotto il piatto del papa e conteneva la lista di tutte le buone cose che non avevamo fatto in passato e non avremmo fatto neppure nell'anno a venire.
Fortunatamente per noi europei, fiacchi e mollaccioni, recalcitranti e renitenti davanti alla bellezza delle guerre preventive e dei bombardamenti, ancora una volta è l'America a indicarci la strada del passato e a resuscitare al più alto livello anche la tenera tradizione delle letterine. In questa fine del 2004, al simbolico papa della nazione americana, a George Bush, sono arrivate parecchie letterine di Natale. Non gliele hanno messe sotto la fondina, perché erano troppe e lo avrebbero costretto a usare una scala per arrivare al piatto. Non sono scritte neppure da bambini, bensì dalle loro mamme, ma alcune sono diventate comunque pubbliche e una almeno merita di essere letta, per dare il sapore e il profumo festosi di questa dolcissima fine anno. La potremmo chiamare: Natale in casa Sheehan'.

Caro George, spero che tu non ti offenda se ti chiamo George. Quando tu mi mandasti la lettera di condoglianze per la morte di mio figlio, soldato scelto Casey Austin Sheehan, in Iraq, mi chiamasti "Cara Cindy", dunque penso che anche io possa darti del "tu" e usare il nome di battesimo.
Dunque, caro George, sono passati sette mesi da quando la tua guerra ha ucciso mio figlio, il mio bambino, il mio eroe, sette mesi da quando la tua ignoranza, la tua arroganza, la tua inettitudine nel prevedere che cosa sarebbe stata davvero la cosiddetta pace hanno ammazzato il mio figlio più grande. E ora ti senti tutto orgoglioso e soddisfatto e tronfio nel pensiero che stai facendo l'opera di Dio in Iraq e stai, come dici tu, "spendendo il capitale politico" vinto alle elezioni in questa fine anno 2004. Mio figlio era parte di quel capitale che stai spendendo per festeggiare il nuovo anno.
Nel 2000, quando rubasti la prima elezione, mi ricordo di aver pensato beh, avrà anche vinto la Casa Bianca in maniera disonesta, ma quanti danni potrà mai fare in quattro anni? Adesso lo so.
Prima delle nuove elezioni, avevi detto che fare una guerra è "hard work", lavoro duro.
Permettimi di spiegarti che cosa sia un "duro lavoro".
Duro lavoro è salutare il proprio figlio, un uomo ancora bambino, mentre parte per una guerra di fantasia, costruita su pretesti e irrealtà. Duro lavoro è non dormire per due settimane, quando non hai più notizie di tuo figlio. Duro lavoro è aprire la porta di casa a tre ufficiali che vengono ad annunciarti che quel bambino che avevi messo al mondo per primo, che ancora ti sorride dalle foto da bebè, è morto.
Duro lavoro, caro George, è seppellire tuo figlio quarantasei giorni prima del suo venticinquesimo compleanno, abbracciando stretti gli altri tre figli per vincere la tentazione di buttarti dentro la fossa con "Baba", come loro chiamavano il fratello grande, e lasciare che la terra ti copra con lui.
Ma sai qual è il lavoro più duro? E sapere che un bugiardo lo ha ingannato e lo ha derubato del suo futuro, uccidendolo per una menzogna, mentre tanta gente specula, guadagna e guadagnerà sulla sua morte.
Non sono una donna che capisca molto di politica, ma sono disoccupata e ho molto tempo a disposizione. Questo tempo, lo dedicherò alla missione di dire a tutti coloro che mi vogliano ascoltare che sei un disonesto e che un giorno dovrai rispondere alla giustizia di quello che hai fatto ad altre 1525 madri come me, senza neppure contare chissà quante migliaia di madri irachene.
Buone Feste e che Dio benedica davvero l'America l'anno prossimo. Ne ha molto bisogno.
Cindy Sheehan - Vacaville, California

(Nota: Il soldato scelto Casey Austin Sheehan, specialista di prima classe dell'82esimo battaglione di artiglieria, Prima Divisione di Cavalleria, è caduto in un'imboscata a Città Sadr, il quartiere più povero, più affollato e più ostile di Bagdad. La sua jeep non blindata è stata attaccata con fucili lanciagranate e i ribelli lo hanno finito a raffiche di mitragliatrice, insieme con i suoi compagni di equipaggio. Da quando la signora Cindy Sheehan ha scritto questa letterina di Natale a George Bush, a metà novembre, almeno altri 210 giovani americani sono caduti e gli iracheni non li contiamo neppure, perché loro non fanno parte del Natale, dunque chi se ne importa). Happy New Year, mister President.